Un lavoro che nessuno vuole più fare
Guarda te, se dobbiamo andare a fare i colloqui nel Multiverso...
-151 giorni alla Notte degli Oscar
In questi giorni alcune testate hanno riportato una voce secondo cui l’Academy avrebbe un’idea estremamente ambiziosa per la prossima Notte degli Oscar: chiamare a presentare l’evento due degli uomini più discussi (in senso assolutamente positivo) di quest’ultima stagione. Campioni di incassi, campioni della critica - nel campo specifico almeno - e campioni dei nostri cuori. Sì, sto parlando di Deadpool & Wolverine, alias Ryan Reynolds e Hugh Jackman.
Purtroppo è una notizia falsa (sì, è stato crudele svelarlo solo dopo l’immagine 😈). O meglio, c’è una possibilità che sia anche vera, non so cosa si stiano dicendo nelle riunioni organizzative dell’Academy. Però risalendo fino alla fonte originale di questa voce e vedendo chi ha riportato e soprattutto chi non ha riportato la notizia, proprio perché ha probabilmente verificato con le proprie connessioni, sembra che se lo siano sostanzialmente inventati, sperando di azzeccarci. È una cosa che succede spesso, per cui è importante tenere in mente la regola che quando le cose sembrano troppo belle per essere vere, bisogna fare il doppio dei controlli perché probabilmente non lo sono.
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Che poi Hugh Jackman e Ryan Reynolds saranno presenti e partecipanti alla Notte degli Oscar è abbastanza scontato. Deadpool & Wolverine è stato il film dell’estate, salvo sorprese sarà il secondo miglior incasso dell’anno, loro sono showmen eccezionali e con un ottimo team PR. Però probabilmente avranno un ruolo più defilato: già li vedo a prendersi in giro a vicenda mentre stanno per annunciare l’Oscar alla Miglior canzone originale. Al massimo massimo potrebbero fare un’esibizione musicale con un omaggio a Bye Bye Bye e già sarebbe un sogno. Ma presentare tutto quanto no, è impensabile. Perché quello è un lavoro che non vuole più fare nessuno.
Il terribile segreto degli Oscar
È che nessuno vuole più guardare la cerimonia. L’era recente degli Academy Awards è stata caratterizzata da un fortissimo declino nell’interesse del pubblico alla serata di premiazione. Guardando ai dati del primo decennio degli anni Duemila, gli ascolti viaggiavano intorno ai 40 milioni di spettatori, con un minimo di 31 nel 2008 (una delle prime edizioni che ho seguito, se non ricordo male) e toccando quota 46 nel 2000. E naturalmente lasciamo da parte i 55 milioni del 1998, quando Titanic sbaragliò tutti e fu un caso unico.
Questa media si mantenne anche all’inizio degli anni ‘10, fino agli ottimi 43 milioni del 2014. Poi 36 nel 2015, brutto calo, ma comunque nella norma. Poi 34 nel 2016 e 32,9 nel 2017. Qualcosa scricchiola, ma se lo meritano per non aver fatto vincere La La Land come Miglior film. Poi 26,5. Ahia. Un 29,6 nel 2019 fa sperare ma poi arriva il 23,6 del 2020 (e la pandemia non c’entra, era ancora sotto controllo).
Il tonfo clamoroso del 2021 è terrificante: 10,4 milioni di spettatori. Qui la pandemia c’entra eccome, fu un’edizione pessima sotto tanti aspetti, ma quel numero fa comunque paura. E sebbene da allora gli ascolti siano piano piano cresciuti ancora non hanno raggiunto i 20 milioni. Che sarebbe comunque la metà di un risultato medio del passato.
Ovviamente questo calo è causato da una quantità di fattori gigantesca. C’è la questione della crisi generale del cinema, che perde sempre più pubblico, c’è il tema della televisione anch’essa in difficoltà nel suo formato tradizionale, si può parlare della frammentazione sempre più ampia degli spettatori che hanno una quantità di alternative gigantesca rispetto al passato. Se vogliamo fare gli editorialisti un po’ parrucconi possiamo tirare fuori “l’annoso dibattito sul calo dell’attenzione causato dal TikTok”. Che per certi versi ha anche un senso non volersi sorbire tre ore di cerimonia impostata, quando il giorno dopo mentre bevi il caffè ti arrivano direttamente gli highlights della serata.
Il fattore principale però è probabilmente la selezione dei film. Guardando alle annate che sono andate meglio e quelle che sono andate peggio, un dato ricorrente è la presenza di grandi titoli con grandi risultati a livello di pubblico. In fondo, seguiamo la cerimonia anche per “fare il tifo” e festeggiare per i nostri film preferiti, se non li conosciamo o non li abbiamo visti, è molto meno interessante (motivo per cui dovreste iscrivervi a questa newsletter, se non l’avete ancora fatto!). Lo dicevamo prima: l’edizione di Titanic, miglior incasso di tutti i tempi all’epoca, è stata quella con i migliori ascolti di sempre. L’edizione del 2021, di un anno in cui i cinema erano stati a lungo chiusi, fu un maxi-flop.
Questo si inserisce in un discorso più ampio che è un mio vecchio cavallo di battaglia, ovvero lo scollamento degli Oscar dal cinema reale. Non entro nei dettagli, perché richiede più spazio per essere affrontato, ma basta guardare l’elenco dei vincitori per notare che qualcosa è cambiato. Negli anni ‘90 si premiavano film diventati classici come Forrest Gump, Schindler’s List, Braveheart, titoli che hanno segnato la cultura popolare e hanno fatto la storia. Quand’è l’ultima volta che avete pensato ad Argo, Green Book o The Hurt Locker? Ecco, appunto.
Il capitano del Titanic con le mani legate
Nel momento in cui accetti di condurre gli Oscar quindi la speranza è che tu possa riportare gli ascolti a quelli di un tempo. Sei ufficialmente la faccia di questa edizione, il leader che guida tutto quanto e quindi tutte le responsabilità sono in carico a te. Un po’ come chi conduce Sanremo a casa nostra, con la differenza che Carlo Conti e Amadeus hanno davvero un controllo quasi totale sull’evento (evito di addentrarmi su come usino questo potere e la qualità finale del prodotto). Possono scegliere gli ospiti, i concorrenti, addirittura modificare il regolamento e stravolgere il format in maniera quasi illimitata. Agli Oscar non è così.
Ovviamente il controllo sui candidati non c’è. Il processo di selezione è interamente in mano ai membri dell’Academy che votano per i loro film preferiti e comunque dipende da cosa è uscito l’anno prima. Ci sono gli anni dei Barbenheimer e ci sono gli anni in cui sono mancati i grandi successi di pubblico e critica. Addirittura ci sono stati tentativi dell’Academy di creare una sorta di Oscar al Miglior film per le bestie che non capiscono niente di cinema (ufficialmente la denominazione era Miglior film popolare), per poter coinvolgere nella cerimonia anche i blockbuster. Tutto, pur di non superare i propri pregiudizi.
Ma la verità è che il controllo è pochissimo anche su tutto il resto. La cerimonia è imballata, incrostata di tradizioni e ha tutta una serie di paletti fissi. È un’alternanza di presentatori che annunciano 23 premi, ci sono le esibizioni di tutte e cinque le canzoni nominate, c’è l’In Memoriam (un momento in cui si ricordano tutte le persone dell’industria scomparse nell’ultimo anno) e via. Alla fine il conduttore può cambiare davvero solo l’inizio, la fine e qualcosa nel mezzo. Diciamo che un buon 80% della cerimonia è bloccato e l’unico spazio di manovra è in quel 20% rimasto.
Potrei suonare molto critico, ma ammetto anche che è un problema irrisolvibile. Qualche anno fa ci fu un tentativo di cambiare la formula, spostando qualche premiazione fuori dalla diretta, quelli su categorie come montaggio o fotografia, meno accattivanti per il pubblico. Fu uno scandalo, che creava apertamente Oscar di serie A e di serie B, ne nacque una mezza rivolta e tutto tornò come prima. Io ero stato il primo a essere contrario alla cosa, ma il problema rimane.
In sostanza condurre gli Oscar oggi è come ricevere il comando del Titanic, mentre è già in rotta verso l’iceberg. E mentre ti siedi sulla poltrona del capitano, qualcuno ti lega le mani dietro la schiena. Ti tocca provare a spostare il timone come puoi, ma qualsiasi risultato che non sia passare indenne e raggiungere trionfante il porto di New York sarà considerato un fallimento. Un tuo fallimento.
Ma chi me lo fa fare?
A questo punto viene da chiedersi perché dovresti accettare un lavoro del genere. “Magari almeno la paga è buona, no?”. Neanche quello. Quando si parla di soldi è sempre difficile trovare dati precisi (e poi bisognerebbe considerare tutte le magie della contabilità di Hollywood) ma per farsi un’idea Jimmy Kimmel ha dichiarato di aver preso 15.000$ per la sua prima conduzione nel 2017. Che sì, in assoluto non sono pochissimi, ma se consideriamo l’impegno che dura mesi in organizzazione e soprattutto lo rapportiamo ai quasi 90.000$ che sempre Kimmel prende per il suo late show, non è così impressionante. Lo so, il 2017 è quando ha fatto perdere l’Oscar a La La Land, ma forse così è troppo.
“Va beh, ma è un ruolo di prestigio, lo fai per l’onore mica per i soldi!”. Questo sì ed è il motivo per cui nonostante tutto le star continuavano a volerlo fare. Entrare nell’elenco di tutte le grandi celebrità che hanno condotto quella serata è un bel traguardo, nonostante il compenso ridotto, le responsabilità e i rischi. Ma nel 2018 questo meccanismo si è infranto, forse per sempre. L’anno di Kevin Hart.
Era dicembre e come da tradizione arrivò l’annuncio di chi avrebbe condotto la prossima edizione degli Oscar. Fu scelto appunto l’attore e comico Kevin Hart che ovviamente si dichiarò molto onorato della scelta, che avrebbe dato il massimo, che era il suo sogno fin da bambino. Ma dopo pochi giorni la situazione divenne molto più complicata.
Nell’era dell’Internet che non dimentica mai, riemersero dal passato dell’attore una serie di tweet e uno spezzone di un suo spettacolo piuttosto omofobi. Ne nacque un ampio dibattito e una contestazione all’Academy per aver scelto di affidare la conduzione a Hart, alla luce di queste sue uscite di anni prima. Nonostante l’attore avesse poi spiegato di aver rinnegato quelle posizioni, di essere cambiato, di aver chiesto scusa, la frittata era ormai fatta. Kevin Hart si ritirò dalla conduzione. Fu una scelta personale, non imposta dall’Academy, ma chiaramente lasciò l’amaro in bocca.
E da quel momento non siamo più davvero tornati indietro. L’edizione del 2019 fu senza conduttore (o meglio, con una conduzione collettiva) così come le due successive. Nel 2022 per la prima volta tornò qualcuno alla presentazione ovvero Regina Hall, Amy Schumer e Wanda Sykes ma nessuna si prese l’onere di essere il volto di quella edizione. Sembrava sempre una conduzione collettiva, solo con un numero più ristretto. E non mancarono le polemiche, “fortunatamente” oscurate da Will Smith.
E anche qui, non voglio criticare la cosa. Sono la persona più lontana dai discorsi “Signora mia, non si può più dire niente!” che possiate immaginare. Penso anzi che sia importante che ci sia questa accountability perché non vorrei tornare a quando la Notte degli Oscar si aprì con una canzone sulle scene di nudo delle attrici in sala, intitolata Ti abbiamo visto le tette. Resta il fatto che ora quel ruolo prestigioso comporta anche accettare di farsi mettere sotto una lente che analizza ogni angolo della tua storia. Ed è difficile non avere davvero nessuno scheletro nell’armadio. Si torna lì, al “Ma chi me lo fa fare?”.
La ricerca è in corso, ma sarà molto difficile
Gli anni scorsi l’Academy era riuscita a risolvere la questione, tornando dall’ultimo che era riuscito a salire su quel palco da solo, prima di Kevin Hart, ovvero Jimmy Kimmel. Che ha fatto due edizioni a bassissimo rischio, evitando qualsiasi tentativo di innovare, facendo solo il compitino pulito. E tutto sommato l’ha portata a casa, senza lode ma soprattutto senza infamia. Probabilmente l’Academy sarebbe già pronta a dargli la conduzione di tutte le edizioni fino al 2050, battendo il record di Bob Hope, ma lui ha già detto che non ci sarà. E quindi la caccia è aperta.
Penso che nessuno voglia tornare alla conduzione collettiva. Io per primo, anche se non credo che l’Academy mi interpellerà. Però bisogna trovare qualcuno e sarà una caccia molto dura. E sì, Hugh Jackman sarebbe il colpaccio, da solo o in coppia con Reynolds, anche perché la sua edizione del 2009 è forse l’ultima che è stata accolta universalmente bene. Ma appunto, chi glielo fa fare?
E visto che non mi va di chiudere questo lunghissimo viaggio nelle conduzioni degli Oscar con un “Eh boh, non so, vediamo come va” (che però ecco è un po’ così, stay tuned per aggiornamenti verso dicembre) lancio una proposta un po’ assurda, ma che potrebbe essere la chiave per risolvere: Ellen DeGeneres.
Ha una carriera lunghissima alle spalle, ha tantissima esperienza di palco sia televisivo che teatrale e ha già anche condotto gli Oscar con risultati eccezionali. Ricordate l’edizione del 2014 con 40 milioni di ascolti prima che crollasse tutto? C’era lei al timone.
E soprattutto non ha nulla da perdere.
Chi segue lo star system americano, lo sa, per tutti gli altri vorrei tantissimo raccontarvi questa storia, ma stiamo già andando lunghissimi, per cui vi lascio qui un riassuntone. Sta di fatto che i suoi scheletri non sono più nell’armadio, ma sono in salotto a prendere il tè. Questo permette però di partire in attacco, facendo tutte le scuse del caso e chiedendo una nuova occasione al pubblico per ripartire. Con la giusta dose di autoironia, magari funziona… Stay tuned, che ne riparliamo fra qualche mese.
Qualche notizia sparsa e poi i saluti
Hugh Jackman probabilmente non condurrà gli Oscar, ma potrebbe salire su quel palco in altri modi. Pare infatti che Disney stia preparando una campagna per la stagione dei premi dedicata a Deadpool & Wolverine e che punta forte sull’attore australiano come Miglior attore non protagonista. È presto per dirlo, ma non per iniziare a sognare
C’è una discussione in corso su The Last Showgirl di Gia Coppola, che potrebbe portare un Oscar alla Miglior attrice a Pamela Anderson (!!!). In un anno così ricco di interpretazioni femminili eccezionali sarà dura, ma intanto teniamolo d’occhio.
A proposito di tenere d’occhio, vi avevo promesso una spiegazione di cosa sia Letterboxd ma non ci stiamo con lo spazio. Rimando a settimana prossima (stavolta davvero) ma intanto vi lascio con una piccola sorpresa che stavo preparando: avete presente quando dico che un film ha del potenziale e quindi va messo in lista? Ecco, questa è quella lista. Trattatemela bene che ci tengo.
Questa settimana esce Joker: Folie à Deux in Italia. Su orgoglionerd ne aveva fatto un’ottima recensione Gabriella Giliberti direttamente da Venezia, ma questa settimana è uscito anche un mio commento più libero, sull’opportunità di un sequel del genere. Se volete discuterne, i miei DM sono aperti ovunque vogliate.
Mentre capiamo quali sono le effettive possibilità di Saturday Night agli Oscar, il Saturday Night Live “vero” è ripartito con la sua stagione cinquanta. Impressionante. E io sto ridendo da giorni come un cretino per Dana Carvey che imita Joe Biden. Vi lascio lo sketch qui di seguito.
And that’s all folks! Non è vero in realtà, ci sono un sacco di cose che ho messo da parte e recupereremo in futuro perché sono davvero andato oltre con questa puntata. Vedetela come un allenamento verso la Notte degli Oscar, quando imprevisti e sorprese faranno sforare il programma ben oltre il necessario. Almeno questa volta non sono le 5 del mattino…
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